Oggi l’imprenditore Adriano Raso in cielo festeggia con Giovanni Falcone e gli uomini della sua scorta. Non può che essere così. Stanotte si saranno incontrati e Giovanni Falcone avrà probabilmente speso anche qualche parola per il giovane imprenditore recentemente deceduto per complicanze connesse con la polmonite da covid19.
“Nella notte – come riporta una nota dell’Arma – i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, hanno tratto in arresto 5 pregiudicati, destinatari di ordinanza di custodia cautelare emessa dal Tribunale di Reggio Calabria – Ufficio GIP perché, all’esito di indagine coordinata dalla locale DDA, indagati, allo stato degli atti e fatte salve le successive valutazioni di merito, per associazione di tipo mafioso, estorsione, trasferimento fraudolento di beni, ricettazione e detenzione ai fini di spaccio di ingenti quantità di stupefacente.
A carico dei 5 è stata così ipotizzata dalla DDA reggina l’accusa di aver stabilmente fatto parte della cosca ‘Facchineri’, storica articolazione territoriale della ‘ndrangheta, operante nei Comuni di Cittanova e San Giorgio Morgeto. Due di loro, inoltre, sono stati inquadrati come capi promotori del sodalizio criminale in parola”.
Tra le frasi di Giovanni Falcone che in questo trentennale scorrono sui social c’è una che sicuramente avrà letto anche Adriano Raso, parole che lo avranno aiutato per trovare la strada di una battaglia che andava combattuta, se non altro per essere in pace con se stesso.
“Che le cose siano così – diceva Falcone – non vuol dire che debbano andare così. Solo che, quando si tratta di rimboccarsi le maniche e incominciare a cambiare, vi è un prezzo da pagare, ed è allora che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare”.
“Le indagini, curate dalla Compagnia di Taurianova con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri – continua la nota stampa – hanno avuto impulso dalla denuncia presentata da un imprenditore sangiorgese. L’uomo di affari, attivo nei settori ricettivo e della ristorazione, aveva fatto rientro in Calabria dopo lunghi anni trascorsi a lavorare al nord Italia. Scelto di valorizzare il proprio paese di origine, dapprima aveva rilevato e dato nuova vita ad un ristorante di San Giorgio Morgeto, e, in seguito, aveva avanzato richiesta di gestione di un’altra struttura alberghiera sorta negli anni 2000 a Cittanova, già sottoposta a sequestro nell’aprile 2018 perché ritenuta il frutto e il reimpiego dei proventi delle attività illecita della cosca ‘Raso-Gullace-Albanese'”.
Chissà quante volte l’imprenditore ha nascosto dietro al suo sorriso il dramma che con ogni probabilità gli toglieva il sonno. All’Uliveto Principessa si va quando si è in festa e lui accogliendo i suoi ospiti non ha mai messo il suo peso sulle loro spalle. E’ stata una lotta nel silenzio dell’anima.
Scrivono i Carabinieri infatti che “poco prima di prendere in gestione entrambi gli esercizi pubblici, il denunciante era stato avvicinato dagli indagati che, sfruttando il grado di infiltrazione della cosca ‘Facchineri’ nel tessuto economico di Cittanova, avevano dapprima imposto al malcapitato imprenditore di acquistare prodotti alimentari e bevande da una società di fatto gestita dai capi del sodalizio e, in seguito, lo avevano costretto a subire la loro ‘protezione’ ambientale, attraverso il pagamento del ‘pizzo’ o l’instaurazione di rapporti di assunzione del personale, soprattutto all’interno del citato ristorante.
Il coraggio dell’imprenditore ha però permesso di abbattere il muro di omertà e, a seguito della sua denuncia, gli investigatori hanno avviato un complesso monitoraggio degli indagati, durato dall’ottobre 2019 al giugno 2020“.
E allora immagini quella volta che avrà cercato un angolo per piangere tutte le lacrime che stava trattenendo, per poi asciugarsi con la manica della giacca e sfoggiare il suo sorriso migliore, anche quando il cuore sapeva che forse non c’era tanta speranza e la sconfitta si profilava inesorabile.
“Il quadro emerso è risultato allarmante – sottolinea l’Arma – in quanto si è accertato, allo stato degli atti e fatte salve le successive valutazioni di merito, che, nel pieno della pandemia da covid19, l’organizzazione criminale avrebbe perseguito l’obiettivo del controllo totale del territorio e delle attività economiche di Cittanova facendo leva sull’aura di mafiosità promanante dall’appartenenza alla ‘ndrangheta. Nello specifico, gli indagati avrebbero imposto a numerosi esercenti locali di acquistare bevande che, in ragione del loro costo e delle restrizioni governative del lockdown, erano di difficile rivendita.
Tabaccai, titolari di piccoli bar o supermercati sarebbero, quindi, stati costretti ad acquistare merce che poi rimaneva invenduta nei magazzini. In particolare, si tratterebbe di casse di champagne o liquori dal valore di oltre 200 Euro a bottiglia; bevande energetiche di nicchia. Inoltre risulterebbe emersa in capo ad una società dietro cui operavano gli indagati, come affermato dagli stessi nel corso di alcune conversazioni intercettate, l’esclusiva per prodotti riconducibili anche ad un noto ex calciatore.
Oltre agli arresti – conclude la nota – i Carabinieri hanno dato esecuzione al sequestro preventivo della società di distribuzione dei prodotti alimentari e bevande imposti agli imprenditori vessati, per un valore stimato di circa Euro 200.000,00 circa. L’autorità giudiziaria ha, infatti, ritenuto in questa fase delle indagini preliminari, che le condotte estorsive poste in essere dai Facchineri e dagli altri sodali siano state agevolate dalla disponibilità del complesso aziendale colpito dal provvedimento. Il procedimento è attualmente pendente in fase di indagini preliminari e l’effettiva responsabilità delle persone destinatarie della misura cautelare, in uno con la fondatezza delle ipotesi d’accusa mosse a loro carico, saranno vagliate nel corso del successivo processo”.