Oggi 7 febbraio ricorre la Giornata Nazionale contro il bullismo e il cyber-bullismo. “Un nodo blu contro il bullismo” è lo slogan che costituisce il simbolo di questa importante iniziativa. Sull’argomento in questione occorre sensibilizzare i più giovani per metterli nelle condizioni di riconoscere il fenomeno, ma anche i più adulti che spesso non hanno ben chiara la gravità di questa piaga sociale.
Che cos’è, quindi, il bullismo? Si tratta di un comportamento sociale, aggressivo e violento perpetrato nei confronti di soggetti percepiti come più deboli e indifesi. Esistono alcuni ruoli ben delineati che caratterizzano il bullismo:
• Il bullo: colui che mette in atto il comportamento;
• La vittima: colui che lo subisce;
• Il complice o gregario: colui che solitamente sostiene il bullo, caricandolo, e alimentando così la possibilità che quel comportamento si ripeta.
Il bullismo può essere: verbale, in cui il bullo utilizza parole e frasi per offendere, minacciare e umiliare la vittima; fisico, in cui c’è un contatto violento tra il bullo e la vittima; psicologico, in cui il bullo solitamente cerca di escludere la vittima dal gruppo dei pari.
Esiste però anche un’altra forma di bullismo, più subdola e insidiosa: il cyber-bullismo. In questo caso il bullo agisce all’interno della rete virtuale, tramite chat, social network, foto e video per molestare, minacciare e umiliare la vittima. Internet può essere una bomba potente in mano al bullo, che distante dalla realtà non riesce a riconoscere la responsabilità dei propri comportamenti e far sentire in trappola la vittima. Nella rete non esistono confini, limiti e filtri, dunque per la vittima le conseguenze possono essere devastanti.
La Legge Carolina è la prima legge in Europa contro il cyberbullismo. Carolina era una ragazza che nel fiore dell’adolescenza ha deciso di togliersi la vita perché non ha sopportato il peso delle ingiurie e delle offese che mettevano in dubbio la sua reputazione e la sua onorabilità, a causa di video diffusi in rete dai suoi coetanei mentre giocavano con il suo corpo. Grazie a Carolina non è più possibile banalizzare l’odio nel web come semplici ragazzate.
La generazione Z, che utilizza il web come parte della quotidianità, deve essere educata per evitare forme di hate speech cioè linguaggio di odio. La Rete, in quanto strumento facilitatore dell’odio, ha sdoganato la figura dell’hater, l’odiatore di professione, e allargato a dismisura la platea delle sue potenziali vittime. Oggi il web è un’arma potente e lì come nella vita è importante imparare a ponderare le parole, perché queste possono essere delle armi taglienti che annientano l’altro, che può arrivare a gesti estremi. Le parole non sono solo parole ed è per questo che educare a comprendere il significato di esse può aiutare ad arginare il fenomeno del cyber-bullismo.
Papa Francesco ha raccontato che del bullismo scolastico quando era piccolo «non si parlava». A volte, ha continuato il Papa, le vittime di bullismo «accusano addirittura se stessi di essere degli obiettivi ‘facili’. Potrebbero sentirsi falliti, deboli e senza valore, e arrivare a situazioni molto drammatiche: ‘Se solo io fossi diverso…’. Paradossalmente, tuttavia, sono i molestatori quelli veramente deboli, perche’ pensano di poter affermare la propria identita’ facendo del male agli altri. A volte attaccano chiunque considerano diverso e che vedono come una minaccia. In fondo, i molestatori hanno paura, sono dei paurosi che si coprono con la loro apparente forza».
Riferendoci alle parole di Papa Francesco, non bisogna soltanto contrastare il bullismo, ma è importante tendere la mano verso la vittima che non deve sentirsi sbagliata, e verso il bullo perché la sua persona può essere riabilitata, proprio perché il “carnefice” è a sua volta una persona che crede di essere forte ma in realtà ha bisogno di aiuto. Spesso il bullo proviene da condizioni disagiate arrivando a far sfociare i suoi dolori e le proprie frustrazioni su una vittima innocente, ma non bisogna abbandonarlo anche se le sue azioni sono sbagliate. Bisogna educare le menti alla prevenzione, ed evitare che si vengano a generare dei comportamenti prepotenti e prevaricatori. E’ fondamentale la presenza delle famiglie nella vita nei figli, e non esiste “punizione” migliore se non il dialogo aperto e sincero con i propri figli, per farli sentire al sicuro davanti a un mondo spesso spietato e pieno di insidie. Accogliere il proprio figlio al dialogo è la migliore cura di fronte un problema che può sembrare insormontabile, che esso sia vittima o bullo.