Chiunque viva o abbia vissuto nelle nostre zone serba nella sua memoria il ricordo chiarissimo del ritmo forsennato che accompagna la danza dei giganti. Quel rimbombare di tamburi che funge quasi da richiamo, e che istintivamente fa esclamare, per le strade o dentro le abitazioni: “i giganti!”.
Si tratta di un suono talmente peculiare da fugare ogni traccia di dubbio: se così suonano i tamburi, allora si tratta per forza dei giganti. E se si tratta dei giganti, si corre sui balconi. È già festa, spesso senza che nessuno sappia bene per cosa.
Ieri sera la nostra città ne ha ospitate più di venti coppie di giganti, che hanno sfilato e danzato per le strade del paese, protette da due fiumi paralleli di folla.
La danza dei giganti è antica, formata da una sequela di ricerca e fuga, amore e odio, guerra e pace, a riprendere quelli della storia originale di Mata e Grifone. L’uno si china e l’altra fugge, per poi invertire i ruoli, mentre le reazioni della folla sono le più varie.
I due giganti si chinano verso i bambini, che spesso piangono. Chi non li ha mai visti ed è adulto, invece, è perplesso. È questione di abitudine, non è qualcosa che è possibile amare senza conoscerla. Non è possibile amarla davvero neppure senza osservarla a fondo: la maniera in cui i giganti si rispondono l’un l’altra, si dividono e si uniscono, dialogano nei gesti e le movenze delle loro figure enormi permette loro di trascendere la cartapesta e persino i visi plastici, l’uno scuro e l’altro pallido, e sfociare in quanto di più umano esista.
È stato solo il primo raduno, sponsorizzato dai commercianti della città, ma già si aspetta il prossimo, mentre per le strade risuona ancora l’eco di tamburi ed allegria festosa.