Pochi mesi fa, all’inizio della pandemia, mentre regnava lo slogan “andrà tutto bene”, c’era un pensiero comune ai più, quello che da questo momento storico ne saremmo usciti migliori. La sofferenza si sa, cambia dal di dentro ogni cuore, però non sempre in meglio, perché da una grande prova puoi migliorare o anche no. La prova di una pandemia ha trovato tutto il mondo impreparato e per settimane ci siamo sentiti più uniti come umanità, perché forse per la prima volta tutti inesperti allo stesso livello. Nelle grandi città tanta gente dal balcone ha visto per la prima volta i propri vicini, perché sempre di fretta e sempre più individualisti raramente si trovava il tempo per fermarsi e capire davvero quale fosse il contesto, anche umano, in cui si vive.
La situazione da marzo non è andata poi benissimo, chi è riuscito a proteggersi dalla malattia ha dovuto fare i conti con la conseguente crisi economica e con nuove povertà, anche educative. Tanto è cambiato nella vita di ciascuno e paradossalmente non solo nella vita, ma anche nella morte. I funerali sono diventati strettamente familiari, il dolore è rimasto a distanza di sicurezza, non dando la possibilità di stare vicini a chi è nel pianto, purificando però quelle inutili passerelle in cui si riusciva a cavarsela semplicemente sussurrando “condoglianze” con una stretta di mano nemmeno tanto sentita.
Il virus ha stravolto pure il lutto e ha modificato riti e tradizioni, ha proibito gli abbracci e ha coperto anche i sorrisi complici che si cercano quando ci si sente soli, però questo virus che ancor più adesso sta colpendo la nostra città, questo virus che ancora adesso ha chiuso in casa bambini e ragazzi, che ha tolto il pane a tanta gente che ha lavorato per una vita intera, che ha smascherato i tanti problemi della sanità calabrese aumentando anche preoccupazioni e consapevolezze, questo virus minuscolo che mette in fila per un tampone centinaia e centinaia di persone ogni giorno, non può imbruttirci ancora, non può toglierci la possibilità di piangere da lontano, di affidare al cielo quelle persone con cui abbiamo condiviso molto delle nostre vite, non può farci diventare indifferenti per decreti o ordinanze.
Siamo una popolazione intrecciata e ora che sappiamo anche quanto sia pericoloso il virus, ora che i decessi nella nostra regione per Covid sono duplicati in un mese, ora sembra assurdo dover comunicare i decessi, anche per cause naturali, solo a tumulazione avvenuta. Alla fine a Taurianova spesso non serve nemmeno un manifesto per essere informati, le notizie circolano, “il paese è piccolo e la gente mormora”, però è anche vero che viviamo in un paese dove ci sono sia persone e personaggi conosciuti da tutti e sia tanti giovani e anziani non soltanto soli ma anche isolati.
Svolgimento delle cerimonie funebri a tumulazione avvenuta
E allora forse bisognerebbe sempre di più sostenere le Associazioni che coinvolgono quei cittadini spesso invisibili, bisognerebbe farsi sempre più carico di quelle persone che non hanno la possibilità di dar voce alle loro preoccupazioni o anche ai loro desideri con dei manifesti 6 metri per 3, bisognerebbe inventarsi sempre nuovi percorsi che possano toccare quella gente che legge anche gli articoli, e magari anche questo, che una piccola sicurezza economica ce l’ha, che nella vita ha studiato o lavorato, ma troppe volte è distante da tutti senza forse una motivazione, ma sempre più sola oltre i motivi.
C’è tanto da fare, oltre il giusto decoro urbano, c’è da risollevare la bellezza, quella vera, quella umana. E per farlo bisogna imparare prima di tutto a piangere, ad entrare anche nel dolore degli altri, per capire che ogni persona può dare qualcosa all’altro, può essere utile all’altro. A volte si può essere utili anche in gruppo whatsapp, anche dietro ad uno schermo, ma bisogna arrivare in tempo e a tumulazione avvenuta potrebbe essere troppo tardi.