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Comune di Taurianova
lunedì, Dicembre 30, 2024

Petullà: “E’ arrivato il momento di costruire uno spazio urbano abitato attivamente”

di Mimmo Petullà

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Nella città di Taurianova sembra possibile cogliere, a proposito della percezione sociale del fenomeno ‘Ndranghetista, una disposizione di valori più consapevolmente definita e condivisa. Comincia difatti a essere tracciato un percorso interpretativo, nell’ambito del quale l’attuazione di appuntamenti e di manifestazioni è considerata – se non altro rispetto al passato – parte integrante della dimensione pubblica. Quanto detto va tuttavia integrato con valutazioni prudenziali, dal momento che a fronte dei processi di trasformazione della locale criminalità – rivelatisi attraverso taluni episodi di riemersione e radicamento nel territorio – non è stato possibile registrare una chiara e diffusa presa di posizione della società civile. D’altronde il linguaggio, inteso come sistema di concetti intorno al fenomeno criminale, sebbene si collochi all’interno di una risposta da considerare interessante, appare ancora incerto e non pienamente orientato a interfacciarsi criticamente con il fenomeno, attraverso l’importanza di analisi focalizzate e capaci di coinvolgere più sinergicamente istituzioni e reti di associazioni.

E’ per di più possibile intravedere il rischio che il surriferito e apprezzabile balzo in avanti lasci dietro di sé un altro considerevole e sottovalutato vuoto, ingenerato dall’incompiuto trattamento della memoria riguardante lo scoppio dell’ultima faida. Un violentissimo e prolungato scontro – tribale e barbaro, ancora prima, nel suo impatto simbolico – verificatosi tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, la cui complessiva elaborazione risulta ancora oggi condizionata da un grande processo di rimozione, tendente a relegare gli svolgimenti e i vissuti nei prevalenti anfratti della vita privata. Appare interessante osservare la forma assunta dalla stessa faida, la cui connotazione risulta riconducibile non solo alle comuni dinamiche generate dall’esercizio e dal controllo sul territorio – con i possibili livelli di apertura verso l’esterno – ma in modo particolare all’antica geografia urbana della città, che prima del Regio Decreto del 1928 si presentava suddivisa nei distinti comuni di Radicena e di Iatrinoli. Si è trattato di un progetto di accorpamento che ha certamente modificato delimitazioni amministrative e denominazioni esterne, mentre non è riuscito a trasformare in risorsa le categorie di significato delle differenziazioni culturali dei due ambienti urbani, la cui mappatura di provenienza è rimasta fortemente interiorizzata nella parte più considerevole dell’immaginario collettivo. Il complesso quadro situazionale sollecita per tutto ciò un’ulteriore riflessione, a partire dall’impatto che la coattiva riunificazione ha avuto sul mutamento della struttura sociale delle due contigue realtà.

A questo proposito è pensabile che i percorsi d’interpretazione e di pianificazione politica del territorio – unitamente alle relative e adottate misure – abbiano trascurato di prevedere la costruzione di un progetto organico di città, capace di garantire la dualità delle rappresentanze e non di meno evitare il rischio di assimilare peculiarità storiche e sensibilità che risultavano essere indubbiamente fondanti e identitarie. A quanto detto si aggiungono le forme di natura comunicativa, evidentemente inconsistenti nel coinvolgimento della cittadinanza in una sfera di partecipazione a nuove e più integrate opportunità di socializzazione, segnatamente quelle volte a decostruire i pregiudizi e le tensioni di una distanza sociale che si è mantenuta anche dopo l’esperienza di fusione. La logica di favorire assetti cittadini di unità nella diversità ha incontrato talune resistenze anche nella dimensione ecclesiale, a motivo della sostanziale assenza di un modello di pastorale sociale organica, orientato ad abitare la città attraverso uno sguardo interparrocchiale proponente approcci sistematici di evangelizzazione della cultura urbana.

Vi è stata in definitiva una diffusa corresponsabilità, che si lascia individuare nel non avere trasformato la riunificazione dei due comuni – con i legittimi e connessi sentimenti di attaccamento e identificazione territoriale – in un nuovo perimetro di solidarietà e all’insegna di uno stile politico e culturale aperto allo sguardo complessivo della città. Il tentativo di strutturare e valorizzare la coesistenza delle diversità territoriali è venuto a mancare fino al più recente periodo, determinando una ricaduta sulla dimensione comunitaria nelle sue interazioni e nei suoi legami di fiducia per la coesione e l’integrazione, rimasti appunto per questo sostanzialmente indistinti e incompiuti. E’ all’interno di quest’ampio e complesso scenario – contrassegnato, per di più, da uno stato di oggettiva fragilità dei riferimenti culturali, dell’insieme organizzato delle relazioni sociali e politiche – che s’inserisce la sopraesposta faida. I gruppi coinvolti nascono nei loro originari e scollati contesti insediativi, dalle cui realtà e traiettorie di vita – assoggettate, nel tempo, da condizioni di svantaggio sociale – si delinea la feroce contrapposizione, fisica e simbolica, tra la cosca di Radicena e la cosca di Iatrinoli. I corpi dei morti ammazzati hanno ben presto fatto il resto, ridefinendo e riaffermando le appartenenze e le estraneità degli antichi e percepiti confini, emersi come il tragico e ineludibile destino di una città intrappolata dall’eterno ritorno della frammentazione sociale e dei suoi erompenti rilasci di tensione.

Oggi, come abbiamo sostenuto, sembra possibile intravedere nuove sensibilità e attenzioni, ma la rappresentazione di quegli stessi confini continua a restituire – più di quanto si possa pensare – l’idea di trovarsi di fronte a una sfida che attende ancora di essere pienamente raccolta. Forse è tempo di agire maggiormente sui processi interni della comunità, magari tenendo conto delle dinamiche redistributive di risorse e di opportunità, in ugual modo pensando alla costruzione di uno spazio urbano che possa essere inteso come cittadinanza aperta, grazie anche a una viabilità più praticabile nel suo attraversamento – non generante, dunque, sensi di chiusure – e appunto per questo capace, da una parte, di conservare e di valorizzare il senso di appartenenza alla dimensione locale, dall’altra di estendersi e attivare immediate identificazioni con l’intera città. Il tutto ovviamente a una condizione, vale a dire quella d’incoraggiare – in modo particolare tra i più giovani – uno sguardo, lucido e critico, sulla sconcertante barbarie della faida. Assumere questa prospettiva di senso non significa ripiegarsi sul passato, ma piuttosto cogliere nelle pieghe delle sue tensioni ciò che appare come esperienzialmente significativo, per concedere al presente e al futuro della città un’autentica e liberante possibilità di riscatto sociale.

Questa è d’altra parte la nobile ragione dell’indirizzo progettuale che si riassume nel lavoro – documentale e testimoniale – proposto da questa testata giornalistica “Taurianova Talk”, intitolato “Il venerdì nero di Taurianova”, nella fattispecie realizzato dal direttore responsabile, Nadia Macri, e dall’editore Filippo Andreacchio. Un intelligente e interessante tributo culturale e morale – dal quale, tuttavia, bisogna presto ripartire – ideato nell’audace prospettiva della costruzione di un conoscitivo e critico esercizio retrospettivo della memoria. Rilevante, in questa medesima direzione, potrebbe divenire il ruolo dell’associazionismo. Esso si trova attualmente di fronte a una sfida, che è quella di mutare il suo quadro di riferimento organizzativo, ruotante pressoché esclusivamente intorno a eventi ripetuti e dal collettivo impatto. Ai margini rimane la rivendicazione e l’acquisizione di un ruolo decisionale nella pianificazione delle politiche sociali, all’interno di una funzione di mediazione critica tra il sistema politico e le istanze provenienti dalla cittadinanza, che dal canto suo continua purtroppo a ritrovarsi e a riconoscersi – in maggior misura – nei più evasivi ed emozionali intrattenimenti. 

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