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giovedì, Novembre 21, 2024

La figlia di una delle cinque vittime Covid ci scrive…

Scrivo sulla scia di tutte le emozioni che invadono questi giorni di assordante silenzio e vuoto, per senso civico

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In questo tempo di Covid abbiamo ricevuto questa lettera tristemente concreta e vera, seppur molto delicata in ogni parola che esprime un tremendo dolore, la pubblichiamo con la certezza che possa sensibilizzare l’opinione pubblica locale sul senso di smarrimento dei malati e delle loro  famiglie alle quali va il nostro abbraccio.

Taurianova, 8 maggio 2021

Al Direttore di Taurianova Talk

Ho apprezzato il garbo con il quale il Direttore della testata giornalistica, ha riferito dell’ultima vittima Covid-19  di Taurianova. Occorre, per amor di verità, andare oltre e dare qualche spunto di riflessione.

Il mio papà non ha mai amato essere al centro dell’attenzione, per stile di vita, per educazione, per semplice riservatezza e umiltà. Aveva un alto valore umano. Io, sua unica figlia, è scontato che lo testimoni. In questi giorni di lutto, tante sono state le attestazioni di stima e affetto di chiunque. Semplici messaggi, telefonate, dove il refrain è stato sempre: “Tuo padre era un gran signore!

Era un uomo mite, dal sorriso spontaneo, gentile. Ironico e intelligente sempre. Tagliente, a volte, se l’occasione lo richiedeva. Ascoltava la Santa Messa, riceveva la Santa Eucarestia, devoto alla Madonna di Fatima, recitava le orazioni. 

Era arrivato a Taurianova, con il ruolo di Direttore Amministrativo della vecchia INAM, la cassa mutua, nel giugno del 1972. Nel ’62 laurea in Giurisprudenza, senza sacro fuoco, – diceva sempre così- solo per poter accedere ai concorsi pubblici. Veniva dalla sede di Padova, – per mia madre, un segno da Sant’Antonio, suo Santo protettore – dove era stato assegnato dopo aver vinto un concorso pubblico nazionale, per dirigente. Non so molto del suo lavoro, ne parlava poco. Non volle targhe celebrative, discorsi o altro, quando si ritirò dal servizio, lo fece nel silenzio, nel suo stile.

Papà stava male. Ultimamente la sua insufficienza renale si era acuita. Si erano inseriti anche dei problemi di deambulazione. E’ ricorso al ricovero ospedaliero, il 13 aprile. Tamponi Covid-19, in ingresso, negativi.  Sono stati giorni di apprensione e terrore. Sembrava stabilizzato; destinato a una terapia di lungo degenza presso una casa di cura. Sottoposto a nuovo tampone per effettuare il trasferimento, risulta positivo al Covid-19. Ci è comunicato il trasferimento al GOM di Reggio Calabria, reparto malattie infettive. Noi non lo abbiamo potuto vedere. Io, già negativa a un tampone del 2 aprile. Insieme a mia madre, ci siamo sottoposte a tampone Covid-19, seppur non lo vedessimo da 10 interminabili giorni, siamo risultate ancora una volta negative. Sono certa che non gli siano mancate le cure da parte del personale sanitario. Le amorevoli cure della sua famiglia, sì, quelle sì. E’ deceduto il 2 maggio alle 6.15. 

Noi familiari abbiamo ricevuto notizie del suo stato di salute. “Stazionario nella sua criticità” era l’espressione più frequente. Ha sofferto. Ha pregato. Ha sperato. Sono certa che gli ultimi suoi pensieri siano stati rivolti a noi: la sua famiglia, i suoi cari, i fratelli. Noi non lo abbiamo visto più. E’ tornato come feretro; in cassa sigillata.

Cristianamente accetto, seppur ancora a fatica in verità, che l’esistenza terrena di mio padre si sia conclusa. 

Non riesco ad accettare che egli sia venuto a mancare da solo, in un letto di ospedale, in un reparto di malattie infettive. Il virus, questa è la vera beffa, lo aveva scansato, per un intero anno, applicando lui e la famiglia – mia madre, io, e i congiunti tutti, comportamenti responsabili. Non usciva più. Le sue passeggiate pomeridiane erano finite da tempo. Preferiva stare a casa, a leggere, scrivere. Era consapevole della sua fragilità fisica e dell’alto rischio che il Covid-19 avrebbe potuto avere su di lui, con le sue gravi patologie. Questo, però, non è bastato a preservarlo. E allora mi chiedo: “Come ha contratto il virus?” “ Dove ha contratto il virus?”. 

Scrivo sulla scia di tutte le emozioni che invadono questi giorni di assordante silenzio e vuoto, per senso civico. Mio padre non tornerà più a casa, purtroppo.

E’ morto per i suoi gravi problemi di insufficienza renale, cardiaci, e, di riflesso, per il Covid, contratto chissà come, per mezzo di chi e soprattutto dove.

Perché nessuna famiglia possa vivere ancora un dolore simile e così grande. 

Cordiali saluti

Una figlia  

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