A 27 anni una vita non dovrebbe fermarsi. Non è giusto, non è comprensibile. Soprattutto da chi ha superato quell’età e non è facile accettare di essere sorpassati da chi aveva tutta la vita davanti e ora invece è avanti a noi e ci attende nella vita eterna. E non esiste un pensiero grande o una filosofia o teologia in grado di poter spiegare per capire. Noi siamo nati con una vocazione alla vita, la morte di una giovane vita è innaturale.
Chiara Fava il 19 gennaio dell’anno scorso aveva 27 anni e tanti sogni da realizzare. Era domenica e aveva lavorato anche quel giorno. Stava rientrando a casa in macchina, quella macchina che ormai le stava stretta e avrebbe cambiato da lì a poco. Era già all’altezza di Melicucco quando tutto si è fermato. Uno scontro fatale. Su di lei una Mitsubishi, al volante un uomo arrestato dopo qualche giorno per omicidio stradale. Nel sangue aveva un tasso alcolemico pari a 3 grammi per litro.
Costituisce reato penale punibile con l’arresto fino a 6 mesi mettersi alla guida con un tasso alcolemico compreso tra 0,81 e 1,5 grammi per litro, l’uomo che ha ucciso Chiara ne aveva il doppio.
Come si fa a mettersi al volante sapendo di aver bevuto così tanto? Come si fa a non fermare chi si mette alla guida in uno stato di ebbrezza e salirci pure in macchina con lui?
La parola irresponsabili non basta. Si tratta di assassini, perché non si mette in pericolo solo la propria vita, ma si spezza quella degli altri. Di chi muore e di chi perde una figlia. Perché è una voragine che sembra inghiottire il passato e il futuro dei genitori, è il dolore più grande che possa sconvolgere la loro vita, nulla è più crudele che il dover sopravvivere al proprio figlio.
Non servono le parole, spesso possono essere percepite quasi come bestemmie, e davanti a certe tragedie è giusto non parlare molto, ma se ricordiamo oggi Chiara nel giorno del suo primo anniversario di morte è perché la vicenda di Chiara rappresenta un infinitamente di più. Per la sorella, per il cognato, per gli amici più vicini.
Di chi è rimasto umano nella sofferenza, senza mai voler esibire il dolore. Di chi ha saputo incassare la rabbia di molti interrogativi rimasti senza risposta, ma ha compreso che anche la morte umanizza la vita. Vita che va vissuta con la certezza che nessuno è immune dalle difficoltà, ma quelle sono precarie e mai inutili; è la sofferenza – anche quella che a volte ci toglie tutto – che ci costringe e ci insegna a tornare all’essenziale, lì dove si gioca la nostra umanità.
Chiara manca, ma da lei ci separano lo spazio e il tempo. L’Amore è qualcosa di molto più profondo e neppure la morte può separarci da chi amiamo.
“Chiara come brilla la tua stella”
E chissà Chiara se poi non ci ascolti davvero anche oggi mentre in tanti ti ricordiamo come quella ragazza bella, fresca e sorridente che manca anche a Taurianova stessa, perché tu la città l’abitavi, tu gli amici li coccolavi, tu il tuo lavoro lo rispettavi, tu la tua famiglia l’amavi e ami ancora, perché la vita non si è fermata. E’ avrà di sicuro qualcosa di te, zia Chiara.